In materia di motivazione dell’avviso di accertamento, la sentenza della Corte Cass., Sez. V Trib n° 954 del 29 ottobre 2015 depositata il 20 gennaio 2016, con i richiami ad altri precedenti, ribadisce un principio di diritto la cui pratica traduzione può così sintetizzarsi: gli elementi conoscitivi dell’accertamento devono essere forniti all’interessato, non solo inserendoli ab origine nel provve-dimento impositivo, ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che permetta al contribuente un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa. In altri termini, l ‘atto impositivo non costituisce una mera provocatio ad opponendum e quindi la sufficienza della motivazione non può essere dedotta dalla circostanza che il contribuente abbia potuto svolgere le proprie difese. Non è consentita all’amministrazione finanziaria una difesa che contrasti il difetto di motivazione dedotto dal contribuente, giustificandola con le difese comunque svolte da lui svolte. Il giudice deve limi-tarsi a valutare la sufficienza della motivazione dell’atto impugnato basato unicamente sulla rispon-denza degli elementi enunciati nella motivazione a consentire, ex se, l’esercizio effettivo del diritto di difesa.
Per tale motivo un avviso di accertamento che individui quale «indennità per mancati futuri guada-gni», ex art. 16 – ora 17 – comma 1 lett. i T.U.I.R., il corrispettivo per la cessione di una licenza taxi, va annullato, anche se il contribuente si è difeso adducendo motivazioni circa la reale natura del reddito, che non è quella avente funzione di indennizzo rispetto alla perdita di futuri guadagni, ma piuttosto di corrispettivo dei diritti legati alla ceduta licenza.
Sempre in tema di motivazione, ma con riguardo agli accertamenti bancari eseguiti sui soci di società a ristretta base azionaria, la sentenza n° 1464 depositata il 27 gennaio 2016 (Pres. Cicala, Rel. Cappabianca) ha statuito il principio secondo il quale l’utilizzazione delle risultanze dei conti correnti bancari intestati esclusivamente a soggetti diversi, ancorché legati ai soci da vincoli familiari, è illegittimo a meno che l’Ufficio fonrisca la prova del carattere fittizio dell’intestazione del conto o, comunque, della riferibilità alla società o ai soci delle posizioni creditorie e debitorie annotate sui conti medesimi.
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